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Clelia: il governo dei preti: romanzo storico politico

675800
Garibaldi, Giuseppe 39 occorrenze
  • 1870
  • Fratelli Rechiedei
  • prosa letteraria
  • UNIFI
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Clelia: il governo dei preti: romanzo storico politico

lasciare la tolda - ci ha portato via il nostro John!». «Povero giovane!» rispose Giulia, con un profondo sospiro. Lo Yacht era orientato,

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condannarli subito ma per esercitare con essi quella carità, che il nostro Salvatore comanda, da principio si risparmia loro la vita ed invece si

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del nostro paese. Regolo e con lui la maggior parte dei trecento, dinanzi al veto che era giunto di fuori «di non tentare nulla per allora a favore di

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ancora cento passi all’ingiù verso la Lungara che il nostro amico già si trovava sulle sue peste seguendolo con aria sbadata come chi nulla avendo da

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Guido, io dissi a Tito, ma non lontano dobbiamo avere la tenuta del nostro poeta pastore? Sì! rispose egli: a poche miglia e vi guiderò diritto a quella

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volete! Essa aveva trovato il suo Eden tra le macerie e sotto la toga cenciosa del nostro mendico aveva scoperto colla sua immaginazione esaltata il

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nostro affascinato, ma presentarsi alla donna de’ suoi pensieri così grondante, e forse senza cappello in testa, non è cosa che soddisfaccia nessuno e

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dell’antica fama, corrotto com’è dai preti? Di tutti i danni fatti da questi impostori al nostro paese, il più imperdonabile è la corruzione con cui

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quando occhio di donna s’era fiso per una volta sola nell’occhio del nostro Attilio ed aveva osservato la sua bella persona, per duro e cinto di triplice

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Paolotti avoltoi. Tutto questo rasserenarsi dell’orizzonte del nostro mendico, era dovuto poi al cambiamento di temperatura politica, occorso verso la

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inchino graziosamente le salutò, mentre Orazio le diceva: «Irene, ti presento Silvia e Clelia, la sposa e la figlia del nostro celebre scultore Manlio», e

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rapportavano ch’egli aveva confessato complici e quindi nuovi arresti, nuovi tormenti, e nuove torture! Ecco! come da tanti secoli è trattato questo nostro

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un osservatore dalla spiaggia, non per il nostro Manlio né per la povera Aurelia, che ambedue per la prima volta gettati loro malgrado sull’elemento

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della bandiera! ciò mi ricorda la velleità di certa nostra vicina Repubblica, che dopo aver violato infamemente il nostro territorio, impadronitasi

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a più moderate pretensioni ed aspirare anche all’adorazione di qualche divinità plebea. Così la pensava il nostro povero principe T.... obbligato a

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solo nostro apparire. Ove diavolo si sono appiattati questi liberali che menan tanto romore?». L’ultima frase aveva fatto ripigliare i loro posti ai

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e non torneremo senza aver adempiuto il nostro dovere». A mezzogiorno un messo da Roma annunziava: il moto della sera avanti essere rimasto dubbio e

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Tornando ancora al 1849 ed alla scena fatale in cui il nostro povero Muzio all’età di due anni fu derubato del suo patrimonio a beneficio della

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non ha forza, e col pugnale alla mano il nostro Coclite s’avanzava impavido contro l’apparizione quando questa gli gridò: ferma!, con tanta autorità e

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egli non l’ha toccata. Questo non era veramente il caso del nostro John ch’era rimasto molti giorni in Porto d’Anzo ed avea visitato coll’Yacht la

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figli, la si vedeva ravvoltolarsi spudoratamente nel fetido brago dei corruttori e persecutori del genere umano. Ma torniamo indietro al nostro racconto

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sconforto nell’animo dei nostri giovani ed impressionabili militi, e coll’arma al braccio fece assistere l’esercito nostro, il fiore della nazione

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singolare!, invece di propendere a studi che sembrerebbero più adatti al nostro sesso come la musica, il ballo ed altri femminili passatempi ed

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questo è uno sparo del nostro amico; sta pur sicura, mamma, che presto noi lo vedremo qui di ritorno con della selvaggina». Un abbraccio amoroso alla

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della credulità come della bravura del nostro popolo, ben caramente ebbe a pagare le sue millanterie, e rotto in fuga dai militi cittadini della

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invaghite delle mie forme (ed era veramente bello il nostro Tito) mi carezzavano sempre e mi colmavano di gentilezze. Vi lascio pensare: che traccie di

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nauseato dell’abbondanza e dalla penosa sazietà. «A che tanto dolore per la perdita d’un nostro nemico, signor Capitano?» Queste parole furon precedute da

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, malinconicamente bella, scorgevansi le traccie di patite sventure. I nuovi arrivati eran Silvio e la sua Camilla. Il nostro cacciatore, dopo che la

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. «Buon giorno monna Silvia». «Buon giorno», rispondeva l’addolorata asciugandosi gli occhi col fazzoletto. «Ecco qui» diceva Aurelia, «il nostro

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questo quarto era niente meno che il nostro vecchio e ben noto Gasparo. Gasparo, dopo i fatti da noi raccontati nei capitoli precedenti, toccato il suolo

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rispettavano il nostro amico, così calcolò il capo-birro che a lui conveniva differire la traduzione dei prigionieri: onde col piglio simulatore della

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fratello!» e sembrava veramente un fratello di Muzio quegli a cui egli dava quel nome. Egli era Attilio, l’amico nostro, il quale alle parole di Muzio

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uno scoiattolo? Chi può essere che cerchi di entrare in quel finimondo negli ultimi e luttuosi momenti? il nostro lettore forse lo indovina. John! il

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istante il volto che portava scolpito nel cuore ma bastò quell’istante per farla felice. Ed era veramente il nostro Attilio con Muzio, Silvio e sette altri

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’uno spergiuro straniero, brutto di sangue concittadino e nostro! Chiamino pure briganti come il prezzolato dal prete il mio Orazio Coclite. Ove il

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lasciarla in casa del nostro poeta insieme alla Maria con cui era divenuta si può dire sorella d’affetto cementato dalle sventure e dai pericoli passati

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? Oual nuova occasione dobbiamo aspettare? Il nostro grido sia: "All’armi"...». E «All’armi! all’armi!» fu la risposta dei trecento congiurati. La

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noi calpestati nei nostri diritti, nella nostra coscienza e nel nostro onore dalla più vile scoria della nazione nostra!? A noi, che per vivere, per

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questi ultimi si trovava un maggiore, col naso enfiato, come un cocomero e coperto di striscie di cerotto. Era il famoso pugno con cui il nostro Silvio

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